Il governo annuncia una legge che vieterà di ricoprire incarichi multipli per chi guida gli enti pubblici e di colpo sono in tanti ad agitarsi. In tutta evidenza il tema è delicatissimo per tanti uomini di potere, quelli che normalmente evitano i riflettori.
L’Automobil club italiano, per dire, ha diramato una nota per dirsi «estraneo alla ridda di voci» in quanto «ente pubblico non economico, come tale si autofinanzia senza gravare sul bilancio dello Stato e il suo presidente è eletto democraticamente dall’assemblea Aci senza alcuna attività di indirizzo da parte del governo». Invece no. Secondo le indiscrezioni che giungono da palazzo Chigi, la legge regolamenterà tutti gli enti e non soltanto quelli economici.
L’elenco delle possibili incompatibilità è vasto. Si va da giganti come l’Inps-Inpdap, che eroga 392 miliardi di euro, a realtà molto più piccole, sia pure prestigiose, quale l’Accademia dei Lincei. Saranno i regolamenti attuativi che scriverà il ministro Gianpiero D’Alia, Funzione pubblica, a stabilire le nuove regole. Un capitolo vieterà le cariche multiple in società private e pubbliche. Ma ci saranno nuove regole più stringenti anche in merito alle consulenze. L’idea di palazzo Chigi è di graduare i divieti, a seconda dell’importanza dell’ente e probabilmente saranno vietate le consulenze con enti e società che operano nello stesso settore dell’ente in cui si riveste la carica. Il modello legislativo già esiste ed è quello che riguarda i membri di governo.
Va registrata, comunque, la raffica di precisazioni. Angelo Sticchi Damiani, al vertice dell’Automobile Club d’Italia da marzo 2012, ha fatto sapere «di non essere più consigliere Anas da oltre 20 anni e nemmeno vicepresidente del Centro Nazionale di Studi Urbanistici, il cui incarico non prevede peraltro remunerazione». Ma è nel suo curriculum, per come lo si può leggere sul sito dell’Aci, che si legge di entrambe queste due cariche al presente.
Stesso equivoco pare riguardare Pier Luigi Celli, presidente dell’Enit. Scrive seccatissimo a Dagospia: «Ti informo che contrariamente a quanto affermano io non sono più direttore generale Luiss e non sono nel cda di Unipol. Se poi pensi che il mio emolumento è di circa 50 mila euro lordi puoi valutare bene la disinformazione». Preso atto, quindi, che da qualche mese, con l’uscita da Luiss e da Unipol, la possibile incompatibilità di Celli riguarda solo la sua presenza nel cda di Illy Caffè e Aeroporti di Roma, non gli resta che aggiornare il suo curriculum sul sito ufficiale dell’Enit. «Detto questo – dice Celli – non ci sarà nessuna opposizione da parte mia se mi diranno che c’è incompatibilità. Non ho nessun problema a lasciare. Non mi cambia la vita, anzi me la semplificherebbe».
Un altro che sente di dover precisare è Mario Baccini, ex parlamentare Udc, ora presidente dell’Ente Nazionale per il Microcredito: «Giusto regolamentare, ma non impedire al governo di poter scegliere i migliori manager e metterli dove meglio crede».