Dieci anni non sono pochi nell’arco della vita individuale. Sono pochissimi in quella di una istituzione. Ma sono lunghissimi se si identificano con l’età anagrafica di questa istituzione, cioè della nostra Fondazione e sono ancora più lunghi se questa sua vita coincide con la grande crisi, ancora in atto, della globalizzazione. Per l’Italia, valgono almeno mezzo secolo, quanto ci è voluto per volatilizzare i frutti rigogliosi del “miracolo economico”e per mettere k.o. le nostre istituzioni politiche e sociali e la nostra tipica produzione industriale e manifatturiera, addirittura la nostra “crescita”. Anche in Italia abbiamo assistito al crollo delle nostre“Torri Gemelle”. Ma noi non le abbiamo ricostruite.
Le nostre “Torri Gemelle” non sono un’opera di architettura contemporanea risalgono a più di duemila anni fa, quanto ci è voluto perché si formasse il patrimonio irriproducibile della nostra cultura. Questo grande tesoro – non un “ tesoruccio”! – che i nostri avi e i nostri padri ci hanno affidato sta rischiando la dissipazione e la dispersione in un mondo e in un momento in cui non solo siamo messi a dura – ma anche a felice – prova dalla multi-culturalità e dalla inter-culturalità, ma in cui proprio questa – la globalizzazione -, forte e insieme debole, debolissima della sua antropologia tecnologico–finanziaria, ci sta rivelando l’incalzante, improrogabile esigenza, per superare la crisi, di una rinnovata cultura umana per il mercato, per lo stato, per la comunità internazionale.
E’ una chiamata alle armi per la FOEDUS che, dieci anni fa, è partita dalla intuizione di salvaguardare e far circolare la propria cultura bi millenaria nel nuovo orizzonte degli scambi – di merci e capitali, di uomini e popoli, di tradizioni culturali e civili- , che le ha fatto inalberare il vessillo di quel neo-umanesimo cristiano il cui DNA sta nella solidarietà, quanto dire nella cooperazione affidata al dialogo, alla condivisione, in una parola a quella “civiltà dell’incontro” auspicata nei giorni scorsi da papa Francesco.
Il nostro incontro di oggi non è un “giorno della memoria” quanto piuttosto un consiglio di guerra per la nuova strategia da elaborare in vista di quella politica che sola può salvare e valorizzare il nostro Paese, per farlo ripartire, secondo le sue caratteristiche originali, nell’universo megagalattico delle transnazionali grazie alla sua piccola e media impresa impegnate alla salvaguardia al recupero e al restauro e alla messa in circolazione dei beni culturali e di quelli ambientali ,impegnandolo in tutte le infrastrutture e le grandi opere – non solo alberghiere ! -, dalla costruzione ed efficientamento delle vie dei mezzi di comunicazione (basterebbe pensare alla nostra povera Alitalia) alle agenzie di formazione – dalla scuola ai mass media a internet – che contribuiscono a trasmettere e a far lievitare lo straordinario e ricchissimo patrimonio umanistico della nostra civiltà. Patrimonio nel quale rientra anche – eccome!- quel “capitalismo” le cui origini (bancarie, per esempio) precedono quello nord-europeo, pur tanto decantato e che comunque non ha mai del tutto dimenticato e messo da parte lo spirito di cooperazione e solidarietà, dall’epoca delle corporazioni medievali a quella dell’interclassismo sociale e politico contemporaneo.
Si tratta dunque di elaborare una strategia culturale sia nei contenuti sia nei mezzi, ribaltando la ideologia della globalizzazione – l’uomo al servizio della tecnologia (economica e comunicazionale) e non viceversa– che ha portato alla nascita del IV Mondo col 40% della ricchezza globale in mano all’1% della popolazione globale, addirittura inaugurando a tutti i livelli – statuale, regionale,internazionale- un fenomeno che solo 20 anni fa era inimmaginabile, il sottosviluppo dei paesi a sviluppo avanzato …
Senza questo rinnovamento culturale ne’ lo stato – dalle vecchie alle nuove superpotenze- ne’ il mercato – dal capitalismo classico al turbocapitalismo della globalizzazione- mancheranno le basi per una ri-regolamentazione del neoliberismo che si è solo rivelato l’ultima ideologia succeduta al “secolo delle ideologie” che anche a causa di queste, è stato il secolo di due guerre mondiali, degli olocausti e dei genocidi, della terza guerra mondiale chiamata “guerra fredda” (con la irresistibile ‘corsa agli armamenti’), delle duecento guerre periferiche dell’ultima parte del secolo scorso.
Il presente evento rappresenta un invito, all’insegna dell’arte ,per preparare il “tavolo convegno” dove apprestare e mettere allo studio di fattibilità tale strategia ispirata alla dottrina sociale della chiesa.
Mario Baccini – presidente Foedus